shinto bburi

SHINT’OBURI: Tra tradizioni culinarie e nazionalismo culturale

Shint’oburi (신토불이-身土不二 ) è una sorta di slogan coreano che letteralmente significa “Suolo e corpo sono la stessa cosa”. Guardando la forma di questo che possiamo definire un’adagio, si può pensare che provenga dalla Corea tradizionale o dall’antica Cina. In realtà, è un’invenzione della Cooperativa Agricola Coreana che lo inventò nel 1989 per mobilitare le persone contro la liberalizzazione del commercio. Il presupposto dello slogan è che, poiché suolo e corpo sono la stessa cosa, si dovrebbero mangiare i prodotti del suolo in cui si è nati e cresciuti. Hyŏn Ŭisong (현의송) e Im Hyŏngbaek (임형백) nel 2009 espressero con queste parole l’essenza di ciò che vuol dire Shint’oburi:

신토불이는 ‘사람의 육체와 그 사람이 태어난 고장의 토양은 떼려야 뗄 수 없는 밀접한 관련이 있다’는 뜻으로, ‘한국인의 체질에는 한국에서 생산된 농작물이 맞다’는 말이다.

Shint’oburi significa che ‘tra il corpo di una persona e il terreno dove egli è nato c’è un legame che non può essere dissolto’. In altre parole: ‘per la costituzione fisica dei coreani sono adatti i prodotti coltivati in Corea’.

Questo slogan è diventato rapidamente una frase popolare usata frequentemente per vari tipi di mobilitazione sociale. Questa frase divenne talmente famosa da essere inserita nel dizionario di lingua coreana nel 1996. L’ampio successo e la popolarità raggiunta fecero si che la parola Shint’oburi diventasse un’importante strumento simbolico ed espressivo da usare nel repertorio dell’identità nazionale coreana. Il significato di Shint’oburi è fondamentale anche per i tanti coreani che vivono al di fuori della propria nazione. Essi, attraverso il cibo, tentano di ricordare e mantenere salda la propria identità. Infatti, è comune per i coreani espatriati mangiare prodotti provenienti dalla terra natia oppure cibi tradizionali come kimch’i, bulgogi ed altre pietanze che “sanno di casa”.

Shint’oburi come brand

Alla fine degli anni ‘90 assistiamo all’emergere del nazionalismo culturale con una forte riaffermazione della tradizione e dell’identità. In questo contesto storico lo Shint’oburi è un caso rappresentativo e popolare di questo nazionalismo culturale che combina bisogno economico, manipolazione dell’identità e mobilitazione sociale. Shint’oburi non era solo un simbolo culturale espressivo per l’identità nazionale, ma divenne anche un marchio molto popolare per una varietà di prodotti che divennero famosi grazie alla loro identificazione nella categoria dei cibi locali.

Nel 1989, anno in cui è stato inventato lo slogan, venne creata una rivista mensile intitolata “Shint’oburi Gungang” (Shint’obuli Salutare). Qualche anno dopo, nel 2002, il suo editore, Gim Yunse ricevette un premio dal ministro della cultura e del turismo. Secondo quest’ultimo il suo contributo era stato fondamentale per il “miglioramento della salute nazionale promuovendo il nostro spirito e il nostro stile, rafforzando l’identità nazionale con la ricerca delle nostre radici e sviluppando cibo basato sulla superiorità dei prodotti autoctoni coreani”. La rivista fu usato come uno strumento per diffondere l’idea che “corpo e suolo sono la stessa cosa” e sfruttare appieno l’opportunità commerciale del nascente nazionalismo culturale.

Bibimbap

L’atto di mangiare cibi coltivati localmente non è una pura conseguenza di una logica nazionalista o patriottica. Mangiare i prodotti del suolo nazionale fa anche bene alla salute e al corpo: l’interesse personale come motivazione per l’atto nazionalista del mangiare dei cibi specifici spiega, forse, il rapido e grande successo dello Shint’oburi.

Oggigiorno l’idea dello Shint’oburi è ancora molto presente e la possiamo intravedere in tutti i ristoranti che si fanno promotori del vero stile culinario coreano e che usano e promuovono apertamente i prodotti locali. Con la globalizzazione e l’esportazione dei modelli occidentali il Corea del Sud lo Shint’oburi ha rallentato la sua corsa, ma quanto più ci saranno spinte esterne, tanto più aumenterà la tendenza a voler preservare ciò che è tradizionale e proprio.

Fonti:

Ho, S.: 2010. “Our food fits our bodies: globalization and food nationalism in South Korea”.

Asakura, T.: 2016. “Cultural heritage in Korea – from a Japanese perspective”.

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