filo di paglia locandina

Final straw: food, earth, happiness – rivoluzione del filo di paglia

Final Straw: Food, Earth, Happiness  è un documentario dei registi Patrick Lydon e Suhee Kang. Un lavoro lungo quattro anni, che ha portato i registi  in un viaggio attraverso Giappone, Corea e Stati Uniti e dato loro la possibilità di conoscere tante persone che dedicano la loro vita e il loro lavoro al tema della sostenibilità: agricoltori, chef ed insegnanti che discutono argomenti e problemi nell’agricoltura e nella produzione di cibo. Il risultato è “un percorso brillante ma allo stesso semplice per la sostenibilità e la salute delle persone e dell’ambiente” incentrato sulla filosofia di Masanobu Fukuoka e sul suo libro La rivoluzione del filo di paglia.  Secondo i protagonisti del documentario, questo percorso non aiuterà solo a risolvere problemi legati all’agricoltura ma ci aiuterà a capire meglio noi stessi e risolvere problemi sociali ed ecologici più ampi.

Abbiamo incontrato i registi Patrick Lydon e Suhee Kang e parlato del documentario e dei loro piani futuri.

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I registi Suhee Kang e Patrick Lydon durante una pausa delle riprese alla fattoria di Seonghyun Choi in Hongcheon, Corea del Sud (Foto: Final Straw)

 

Come è nato il vostro interesse sui temi della sostenibilità e dell’agricoltura naturale? Come avete scoperto il libro di Masanobu Fukuoka e come siete stati influenzati dai suoi scritti?

Siamo entrambi cresciuti in città ma sin da piccoli abbiamo avuto una stretto legame con la natura grazie ai nostri genitori, e questo legame è sempre stato forte nelle nostre vite. Questo ci ha portato ad essere critici nei confronti del nostro sistema economico e sociale attuale e, avendo vissuto e lavorato in due delle nazioni dall’economia frenetica come gli Stati Uniti (Silicon Valley) e Seul siamo stati, con il passare del tempo questo ci ha portato a riflettere su come poter cambiare questo sistema e renderlo più adatto alle persone e alla natura.

L’idea del film è nata dopo la visita alla fattoria dell’agricoltore naturale Seonghyun Choi. In quel periodo avevamo appena iniziato una rivista online SocieCity (www.sociecity.org), ed eravamo impegnati ad intervistare persone ed organizzazioni coinvolte nella ricerca e sviluppo di stili di vita più ecologici, che lavorano nel campo dell’ecologia urbana, dell’economia e dell’industria.

Choi ci ha dimostrato come, attraverso la sua filosofia ed il suo modo di vivere e coltivare, che quello che davvero ci serve per risolvere quei problemi, è cominciare a costruire delle relazioni sane. Ci ha mostrato come costruire queste relazioni con il suo terreno, le sue piante, i suoi vicini e i clienti; il suo sistema era basato su queste relazioni che creano un legame profondo con le persone ed i luoghi, invece che avere relazioni basate esclusivamente sul guadagno economico e sulle transazioni monetarie. Choi ci ha mostrato come tutto è connesso e stimolare la crescita di queste relazioni è la chiave per costruire una società ed una ecologia sana.

Dopo l’intervista, Choi si consigliò di cercare informazioni su Fukuoka e sull’esperto di agricoltura naturale Kawaguchi Yoshikazu. Il libro “la rivoluzione del filo di paglia” ci fu consigliato da Choi e ci diede molte idee per la nostra ricerca ed il film. Il suo libro si integrava alla perfezione con quello che avevamo letto e riflettuto fino a quel momento: il libro di E.F Schumacher “Small is Beautiful: Economics as if People Mattered”, gli scritti di Wendel Berry e più in generale la tradizione Taoista e Buddista.

 

Com’è arrivata l’idea del documentario e qual è stato il punto di partenza?

L’idea del documentario è nata dopo la nostra intervista con Seonghyun Choi, e dalla frustrazione che abbiamo provato nel constatare che c’è davvero poca informazione riguardo l’agricoltura naturale.

Avendo io esperienza come artista e fotografo, mentre Suhee ha lavorato come giornalista e scrittrice, abbiamo deciso di mettere insieme le nostre conoscenze e lavorare insieme a questo progetto. Lasciati i nostri rispettivi lavori, ci siamo dedicati a tempo pieno al documentario.

 

In questi quattro anni avete lavorato con molti volontari e collaboratori. Come siete entrati in contatto con queste persone?Come avete conosciuto gli agricoltori ed attivisti che avete intervistato in Giappone, Corea e Stati uniti?

La nostra idea di”coltivare le relazioni” ci ha fatto incontrare. Molti registi di documentari per portar finanziare il progetto devono cercare sponsor ed inoltre assumere collaboratori ed organizzare interviste e successivamente mettere insieme il materiale girato. Questo è molto stressante.

Per noi è stato diverso, non avendo sponsor ed essendo il documentario totalmente autoprodotto (abbiamo investito i nostri risparmi ed il fondo pensione). Abbiamo incontrato quelle persone e cercato di vivere seguendo il loro stile di vita. La maggior parte degli agricoltori è stata molto disponibile alla nostra richiesta di stare con loro e di imparare quello che fanno. Abbiamo lavorato nei campi e conoscere queste persone a fondo, prima di intervistarli. Questa conoscenza ci ha aiutato molto: più che interviste e domande tra sconosciuti, sono diventate discussioni rilassate tra noi e i nostri mentori.

Questo modo di lavorare ci ha fatto ottenere la fiducia di tanti altri agricoltori naturali ed abbiamo avuto la possibilità di parlare con loro. È stato il modo migliore per comprendere a fondo il loro modo di vivere e di pensare.

 

fattoria durante filo di paglia
I registi Patrick Lydon e Suhee Kang con gli agricoltori naturali Etsko Kagamiyama e Kenji Murakame nella loro fattoria a Itoshima, Giappone (Foto: Ohio)

Quali sono i problemi ambientali e di sostenibilità più urgenti secondi voi?

Non so se ci sono diversi problemi ambientali critici. Piuttosto penso ci sia un problema sistemico di disconnessione dalla natura e dalla terra che causa tante problematiche ambientali, sociali e politiche.

Per essere più chiari, consideriamo il problema più “critico” l’essersi allontanati dalla natura – e di conseguenza gli uni dagli altri. Da questa disconnessione nascono altri problemi come la diseguaglianza economica, il conflitto sociale e la crisi ecologica.

I nostri sforzi sulla sostenibilità si concentrano su questi problemi ma non sul problema di fondo. Per essere davvero un sistema sostenibile, per risolvere davvero i tanti problemi del nostro stile di vita insostenibile, non basta acquistare una scatoletta di tonno di una determinata marca o donare dei soldi ai poveri. In sostanza, pur se queste sono azioni ammirevoli, dobbiamo trovare soluzioni più ampie e definitive ed è cercare di polvere il problema di fondo. Pensiamo che questi agricoltori naturali abbiamo trovato una soluzioni attraverso il loro modo di agire.

Avete viaggiato e filmato per quattro anni ed avete incontrato tante persone motivate con le loro storie. Come avete scelto cosa includere nel documentario? Cosa è rimasto fuori e avete in programma di includere il materiale in progetti futuri?

Abbiamo cercato di creare una storia breve ma che includesse molti punti critici. Dopo aver ricevuto le traduzioni, abbiamo estrapolato le idee più significative e messo letteralmente su una lavagna per organizzarle. Questo processo mentale, è diventato una vera e propria mostra ed un progetto per la comunità, un progetto a se!

Il lavoro di montaggio e di sceneggiatura ha avuto luogo per la maggior parte ed Edimburgo. La Scozia è già tempo molto attenta sul temi dell’ecologia, ed abbiamo avuto quindi la possibilità di confrontarci con esperti e di discutere con tante persone. Questo processo è avvenuto all’interno del progetto Art, Space & Nature dell’università di Edimburgo, e ci ha aiutato molto a completare la nostra storia.

In futuro abbiamo in programma di utilizzare tutte le storie di cui siamo venuti a conoscenza e c’è tanto materiale su cui lavorare. L’idea è quella di realizzare dei cortometraggi e renderli disponibili sul nostro sito gratuitamente.

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Cheon Jun raccoglie il riso a Hongcheon, Corea (CC BY-SA, Patrick M. Lydon / Final Straw)

Iniziare una “rivoluzione del filo di paglia” è una idea affascinante e credete che sia possible attraverso piccole azioni quotidiane. Nel vostro film mostrate diversi esempi di persone che hanno cambiato il loro stile di vista e “rallentato” ad un ritmo più naturale e tranquillo stile di vita. Può essere una sfida enorme però per tantissime persone. Qual è un buon punto di partenza?

Qualsiasi gesto conta. Procedere per piccoli passi ci aiuta a dare inizio a qualcosa di nuovo. Spesso affrontare immediatamente problemi più grandi, questo ci spaventa e ci paralizza e crediamo sia impossibile. Ma non è vero, dobbiamo incominciare dalle cose piccole e non scoraggiarsi. Ci sono tante opportunità per cambiare il nostro stile di vita. Appena cominceremo a cercare dei modi per avere uno stile di vita più rilassato, responsabile e basato sulle relazioni, le opportunità arriveranno.

Certo non è possibile per tutti fare scelte drastiche: lasciare il proprio lavoro, cambiare la loro la vita e lavorare in una fattoria o aprire un piccolo business collettivo. Ma possiamo modificare le nostre azioni quotidiane, incontrare persone con le stesse idee con lo stesso spirito e sforzarci ogni giorno di migliorare la nostra situazioni e fare ciò che consideriamo giusto, al fine di muoverci nella direzione desiderata. Come dice il detto “fare la cosa giusta e non quella più facile”.

Cosa molto importante inoltre, è non farlo da soli. Aiuta molto espandere la propria cerchia sociale, incontrare persone con gli stessi interessi e coinvolgerli nelle proprio azioni. Vi ispirerete ed aiuterete a vicenda!

 

Rice harvest at 최성현 Seonghyun Choi's natural farm in South Korea
Raccolta del riso a 최성현 la fattoria naturale di Seonghyun Choi in Corea

Diversi autori (come Byung-Chul Han nella “società della stanchezza”) hanno esplorato le malattie dell’uomo moderno, come il burnout, la depressione e altri disturbi relazionali.

L’agricoltura naturale non è solo un’insieme di tecniche agricole ma, come spiegato nel documentario, “è anche un diverso modo di pensare e di creare e sviluppare relazioni umane, ecologiche e sociali”. In che modo l’agricoltura naturale può aiutare a risolvere quei problemi?

Analoga alle di idee di Byung-Chul Han è l’idea degli agricoltori naturale che non è necessario lavorare duramente, overprodurre ma piuttosto ascoltare la natura ed utilizzare quello che essa ci offre. Una semplificazione certamente, ma mette in discussione il nostro desiderio di competere e di essere in assoluto in migliore o il più produttivo. Un concetto tipico della natura umana.

Poiché la società moderna è incentrata sulla competizione, è davvero difficile creare delle relazioni armoniose nella nostra vita. Per esempio, nelle coltivazioni combattiamo contro insetti ed erbe infestanti, e obblighiamo il terreno a crescere solo quello che desideriamo e nient’altro. Cerchiamo di piegare la natura alle nostre necessità: “Non creare un habitat per gli insetti o microbi! Non far crescere erbe selvatiche che non sono per il consumo umano!Coltiviamo solo cibo per noi e nient’altro”. Chiaramente la natura non può accettare questa imposizione e come risultato la natura muore o si vendica. Abbiamo esempi ogni giorno proprio davanti ai nostri occhi: ambiente sfruttato, foreste che spariscono, inquinamento degli oceani. Crescita di insetti e microbi resistenti ai pesticidi, cataclismi naturali e via discorrendo.

Questo concetto di competizione (tra noi e la natura o tra noi e gli altri) influenza la nostra vita quotidiana e non ci fa vivere felici. L’agricoltura naturale è un perfetto antidoto a questa “malattia” moderna perché non si basa sulla competizione, ma sull’armonia e la coesistenza. Non è importante che tu sia un agricoltore o no, ma l’importante è avere questa mentalità nelle tue azioni, nel tuo lavoro, nelle tue relazioni con gli altri.

 

L’agricoltura naturale evita l’utilizzo di alcune pratiche agricole come l’aratura, l’uso di fertilizzanti, di macchine agricolo e così via. Pensi che sia un approccio che possa essere accettato dai produttori? Possono essere applicati anche su larga scala?

Anche se alcune pratiche agricole non vengono utilizzate nell’agricoltura, non ci sono delle regole in senso stretto. L’idea principale è di avere una relazione sana con la natura e di non danneggiarla senza motivo, ma al contrario seguirla ed aiutarla a prosperare. Ogni agricoltore naturale ha il proprio punto di vista e modo di agire, ma non giudicano le diverse applicazioni di questo tipo di agricoltura.

Il problema dell’accettare questi nuovi punti di vista da parte della maggior parte degli agricoltori “tradizionali”, è che quello che possiamo immaginare con l’agricoltura naturale è limitato dal sistema  agricolo moderno, da come coltiviamo, dalla distribuzione fino al modo di consumare. L’intera catena di produzione e consumo è al momento incompatibile con un futuro sostenibili e, di conseguenza, incompatibile anche con la maggior parte delle pratiche di agricoltura naturale.

Il problema è che, anche mostrando agli agricoltori tradizionali, che il metodo agricolo naturale funziona ottimamente al di fuori del sistema attuale,  molti agricoltori non possono immaginarlo e quindi, anche se volessero cambiare metodo, ci vorrà tempo e molta esperienza in prima persona.

Raccontare una storia è importante, ma è solo il primo passo. È l’esperienza diretta che cambia la mentalità. Il documentario in questo senso, pianta un seme, e sta alle persone farlo sviluppare. Siamo pienamente convinti dell’ idea dell’agricoltura naturale, ma ci sono voluti per noi quattro anni di discussioni e lavoro nei campi con gli agricoltori naturali per comprenderlo a pieno.

Magari nei prossimi anni ci sarà una nuova generazione di giovani agricoltori naturali che realizzerà che l’agricoltura naturale può soddisfare le loro necessità che non vengono soddisfatte nelle loro vite o nei loro lavori, o che hanno bisogno di essere impegnati in qualcosa di significativo. Persone con questa mentalità sono quelle che stanno mostrando più interesse al nostro progetto e probabilmente saranno lo la nuova generazione di agricoltori, artigiani ed imprenditori che ricostruiranno la società e renderla più sostenibile.

 

Sul loro sito www.finalstraw.org è disponibile tantissmo materiale per imparare di più sull’agricoltura naturale e sullo sviluppo sostenibile. Potete scaricare il documentario e fare un’offerta per il loro progetto qui

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